1 Una vita vissuta a pieno

Download Chapter

DOI

10.34663/9783945561515-01

Citation

De Felice, Federica (2020). Una vita vissuta a pieno. In: Niccolò Cusano. Scritti matematici: Introduzione, traduzione e note. Berlin: Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften.

[Nicolò di Cusa] fu acutissimo disputante ne la filosofia aristotelica, […]non fu genere alcuno di scienza nel quale egli non fosse maraviglioso (come afferma Sisto Senese ne la sua Biblioteca1) e sopra il credere di tutti eruditissimo. Di bontà di costumi, dice Schedelio, fu mentre visse, tale che pochi in quei tempi furono migliori di lui; fu acerbissimo nemico dei vitij, aversario de le ambitioni, d’integrità d’animo imutabile, patientissimo fino all’estrema vecchiezza di tutte l’honeste fatiche, benefico e grato a meraviglia, eloquente poi di maniera e copioso, che postosi a l’improvviso a discorrere di qual si voglia cosa, pareva che a quella solamente e non ad altra egli havesse atteso2.

Bastano queste poche righe di Bernardino Baldi (1533–1617) per farsi un’idea dello spessore intellettuale e umano di Cusano. Ora, che Cusano sia un personaggio chiave della cultura occidentale è cosa nota: molti e importanti sono i contributi che egli dà in ambito filosofico, giuridico, religioso e politico. Gli studi critici hanno evidenziato e continuano a evidenziare i diversi aspetti e le implicazioni della sua vastissima e poliedrica attività speculativa, che impressiona per l’ampio respiro di cui è capace3. Meno noti, ma altrettanto significativi, sono l’impegno e la perspicacia con i quali il cardinale cerca di risolvere questioni strettamente matematiche alle quali si dedica costantemente e intensamente per oltre quindici anni.

Certamente l’interesse di Cusano per la matematica percorre tutto il suo iter speculativo: sfogliando, anche solo rapidamente, il De docta ignorantia, è evidente la forte impronta matematizzante del suo pensiero. In questo, come nei testi successivi, Cusano utilizza nozioni, figure, definizioni geometrico–matematiche in chiave simbolica, al fine di cogliere le verità che trascendono il piano razionale.

Tuttavia, vi sono molti scritti incentrati su un problema di carattere strettamente matematico, quello della quadratura del cerchio, che Cusano cerca di risolvere con interessanti argomentazioni e procedure logico–matematiche e che, dunque, costituiscono un tassello importante, ma alquanto trascurato, della storia della matematica moderna.

Senza addentrarci sul dibattito, sempre attuale, sulla modernità di Cusano4, un aspetto sicuramente interessante – e raro – di questo singolare pensatore è lo stretto connubio tra vita e pensiero: la riflessione filosofica di Cusano, infatti, è profondamente radicata nelle vicende storiche e politiche del suo tempo, delle quali egli non è mai mero spettatore, bensì attore, spesso protagonista5. Di conseguenza le sue opere non sono concepite e realizzate nello spazio chiuso e silenzioso di un’università o di una biblioteca, ma in mezzo ai conflitti politici, sociali ed ecclesiali della sua epoca. In più scritti egli si lamenta di avere poco tempo da dedicare alla matematica perché coinvolto (e spesso stravolto) nelle vicissitudini della Chiesa.

Per questo, prima di passare ad analizzare la filosofia della matematica e gli scritti matematici, è opportuno delineare il profilo biografico di Cusano, dando rilievo a quegli episodi e a quelle circostanze storiche che hanno avuto particolare rilievo per la formazione e lo sviluppo delle teorie filosofico–matematiche. Non ci soffermeremo invece, se non fugacemente, sugli eventi storici aventi un risvolto più strettamente religioso e teologico: di questi vi è un’ampia letteratura che approfondisce questioni ancora aperte e che sarebbe fuori luogo affrontare in questa sede6.

Niccolò Cusano nasce a Kues, nella diocesi di Trier, nel 1401, da una ricca famiglia di battellieri, mercanti e armatori. Il primo dato certo su Cusano è la sua frequenza della Facoltà delle Arti dell’Università di Heidelberg nel 1416, ma nulla sappiamo se e come abbia completato gli studi e se sia stato in qualche modo influenzato dall’indirizzo allora prevalente ad Heidelberg, ossia l’orientamento nominalistico della “via moderna”. Nella sua autobiografia7 Cusano non fa alcun cenno a questo periodo.

Una tappa decisiva per sua formazione, che egli stesso ricorda, è lo studio di diritto sotto la guida di Prosdocimo Conti (1370–1438), che Cusano elogia come «doctor egregius», «dominus meus et pater singularis», e del cui insegnamento resta traccia nelle sue annotazioni alla Lectura in librum II Decretalium8. Cusano inizia lo studio di diritto nel 1417, presso l’università di Padova, dove si laurea nel 1423, con il titolo accademico di Doctor Decretorum. Questi sono anni fondamentali per Cusano perché a Padova non solo la facoltà giuridica gode di grande fama – qui, tra l’altro, viene a conoscenza della dottrina di Bartolomeo Zabarella (morte 1445) – ma anche la facoltà delle arti vanta la presenza di professori di grande spessore che molto probabilmente Cusano ha modo di ascoltare9. Tra questi vi è il matematico e astronomo Prosdocimo de’ Beldomandi (1375–1428), allievo di Biagio Pelacani (ca. 1347–1416), il quale aveva commentato attentamente le opere di Nicolas d’Oresme (ca. 1320–1382)10, insigne rappresentante dei calculatores della scuola parigina, e le opere di Thomas Bradwardine (ca. 1290–1349)11, il «doctor profundis», esponente di punta dei calculatores del Merton College di Oxford. Sempre a Padova, inoltre, gli studi medici, verso cui Cusano mostrerà sempre grande interesse, sono particolarmente intensi, i dibattiti sulle questioni scientifiche, matematiche e astronomiche sono molto animati ed echeggiano a livello europeo, grazie agli scambi (da sempre) attivi tra i maestri di Padova e quelli di Oxford e Parigi. E’ in questo fervido clima culturale - che fa di Padova uno dei centri più importanti in Europa - che il giovane Cusano inizia la sua formazione intellettuale12.

Durante il suo soggiorno padovano, Cusano stringe rapporti con gli umanisti Vittorino da Feltre (ca. 1378–1446) e Francesco Filelfo (1398–1481); conosce Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397–1482), al quale sarà legato da profonda amicizia per tutta la vita e al quale, nel 1445, dedicherà il De geometricis transmutationibus. Qui incontra anche Giuliano Cesarini (1398–1444), futuro vescovo e presidente del Concilio di Basilea, al quale dedicherà le sue prime due grandi opere filosofiche, il De docta ignorantia e il De coniecturis, e il cardinale Domenico Capranica (1400–1458), che ricorderà Cusano e gli anni padovani anche quando sarà all’apice della curia romana. Dopo una presenza a Roma, nel 1424, dove assiste a una predica di Bernardino da Siena (1380–1444), Cusano torna in Germania, inizia a lavorare come legale ed esperto di diritto canonico presso la curia di Treviri e nel 1427 diventa segretario di Otto von Ziegenhain (ca. 1380–1430), arcivescovo di Treviri. Nel 1425 si iscrive all’università di Colonia, il più grande centro intellettuale tra le province tedesche, e qui trascorre un periodo fondamentale per la formazione filosofica e teologica. Non ci sono pervenuti dettagli sulla sua occupazione a Colonia, ma è certo che qui Cusano incontra il teologo olandese Eimerico da Campo (Heymericus da Campo o Heymeric van de Velde, 1395–1460)13, grazie al quale Cusano non solo recepisce l’albertinismo pseudodionisiano del XV secolo14, ma conosce anche il catalano Raimondo Lullo (Ramon Llull ca. 1232–ca. 1315)15, un pensatore che eserciterà un influsso notevole su molti aspetti della sua speculazione (basti pensare all’uso di simboli geometrici per la rappresentazione di concetti metafisici), e di cui Cusano copia una serie di scritti nel 1428, durante un viaggio a Parigi compiuto proprio insieme ad Eimerico16. Questi anni di stretta frequentazione con Eimerico sono alla base di un lungo sodalizio intellettuale, che si rafforzerà ulteriormente al Concilio di Basilea, a cui Eimerico prende parte dal dicembre 1432 al febbraio 1435 come rappresentante dell’Università di Colonia.

In questo periodo Cusano intraprende anche studi sulla cultura islamica, su Averroè (1126–1198) e Alberto Magno (ca. 1206–1280) grazie a Ugo Benzi (1376–1439), famoso medico e grecista senese, il quale aveva incontrato e discusso con Biagio Pelacani. Con l’amico e umanista Niccolò Niccoli (ca. 1364–1437) ricerca nei monasteri tedeschi codici latini e greci, trovando anche dodici nuove commedie di Plauto (ca. 250 a.C.–184 a.C.)17.

Nel 1429 si reca a Roma per consegnare il codice di Plauto al cardinale Giuliano Orsini (ca. 1450–1503), il quale nel 1426, in qualità di legato papale in Germania, lo aveva assunto come segretario. Discute con Poggio Bracciolini (1380–1459) sul manoscritto del  De republica di Cicerone (106 a.C.–43 a.C.) e conosce il celebre bibliofilo Francesco Pizzolpasso (ca. 1375–1443), vescovo di Pavia e poi di Milano.

Nel 1432 è ordinato prete sacerdote a Coblenza e a Treviri. Assiste in qualità di decano di San Fiorino di Coblenza al Concilio di Basilea, invitato dal suo protettore Ulrich de Manderschein (morte 1436), che aspira all’arcivescovado di Treviri, una carica ambita anche da altri candidati sostenuti da papa Martino V (ca. 1368–1431). Ulrich von Manderscheid era stato scomunicato dal Papa perché si era stabilito con la forza nell’arcivescovado di Treviri, ed esercitava, con l’aiuto della nobiltà e di parte del capitolo, il potere vescovile, malgrado lo stesso capitolo avesse nominato alla sede Jacob von Sierck (ca. 1398–1456), e papa Martino V, per risolvere il conflitto, avesse nominato il vescovo di Spira, Rabano di Helmstadt (ca. 1362–1439). Cusano cerca di difendere abilmente la causa appellandosi ai diritti del capitolo e al consenso dei laici, ma la perde. Intanto si fa conoscere come brillante canonista e come oppositore di Eugenio IV (1383–1447) sul problema dello scioglimento del Concilio. Viene eletto membro della Deputazione della Fede.

È in questa occasione che Cusano fa amicizia con il cardinale Niccolò Albergati (1373–1443), Tommaso Parentucelli (ca. 1397–ca. 1455, il futuro papa Niccolò V), Enea Silvio Piccolomini (1405–1464, il futuro papa Pio II), nonché Ambrogio Traversari (1386–1439).

Nel 1433 Cusano interviene nella lotta politica tra il Concilio di Basilea, presieduto da Giuliano Cesarini, e papa Eugenio IV. La maggioranza dei Padri si schiera a favore della superiorità del Concilio, una posizione che Cusano condivide, pur attenuandone gli aspetti contrastanti: è su questo tema che scrive il De concordantia catholica. Il suo prestigio e la sua autorità continuano a crescere: cerca un accordo di pace con gli Hussiti, che sostenevano teorie controverse sui sacramenti e volevano liberarsi dalla morsa di Roma, secondo la predicazione di Jan Hus di Boemia (1369–1415), rettore dell’Università di Praga, morto sul rogo durante il Concilio di Costanza nel 1415. Cusano cerca inoltre una soluzione alla spinosa questione della Presidenza del Consiglio Generale e il posto da dare ai legati pontifici. È a questo proposito che scrive nel 1434 il De auctoritate praesidendi in concilio generali, nel quale riconosce ai legati papali una presidenza meramente amministrativa (cioé senza poteri decisionali). Svolge opera di mediazione tra inglesi e spagnoli al Concilio e prepara i decreti sulla simonia. Nel 1436 funge da mediatore di pace tra il Vescovo di Würzburg e il Conte di Westheim, e tra Federico I di Brandeburgo (1371– 1440) e il duca di Baviera. Viene nominato conservator decretorum del Concilio. Tra il 1436 e il 1437, convinto dell’importanza dell’azione conciliante del Papa, Cusano si avvicina sempre più alla Curia romana e al Pontefice. Contro l’antipapa Felice V (1383–1451), e sollecitato dallo stesso Traversari, sostiene Eugenio IV18, il quale invia Cusano a Costantinopoli, chiedendogli di invitare l’imperatore e il patriarca di Costantinopoli a partecipare al grande Concilio che avrebbe dovuto svolgersi in Italia, in vista dell’unione delle due Chiese. È durante il viaggio nella capitale cristiana dell’Est che Cusano ha l’intuizione del principio della dotta ignoranza, che sopraggiunge – scrive Cusano al cardinal Giuliano alla fine del De docta ignorantia – per una sorta di ispirazione divina («superno dono a patre luminum»19).

Poiché i prìncipi tedeschi avevano dichiarato la loro neutralità nel conflitto tra il Concilio di Basilea e il Papa, Cusano lavora per guadagnare la Germania alla parte papale. Si reca alla dieta di Norimberga sostenendo che l’infallibilità del Concilio è messa in dubbio dalla sua scissione, e che la minoranza papale è ormai maggioranza. Il 1438 e il 1448 sono anni che vedono Cusano impegnato in intense attività politiche ed ecclesiastiche, specialmente in Germania, sempre a favore del Papa. Continua a occuparsi della cura delle anime e della salvaguardia dei suoi benefici ecclesiastici. Si impegna nell’attività legale e di negoziazione, senza interrompere la costante applicazione allo studio e alla scrittura.

Nel frattempo si dedica agli studi astronomici per preparare la riforma del calendario, e scrive il De reparatione calendarii. Nel 1440 torna da Costantinopoli, dove conosce Gemisto Pletone (ca. 1355–ca. 1450), Basilio Bessarione (1403–1472) e altri eminenti maestri. Da qui riporta la Theologia platonica di Proclo (412–485), che affida ad Ambrogio Traversari per la traduzione. Nel 1440, oltre che portare a termine il De docta ignorantia, inizia a scrivere il De deo abscodito e anche la sua seconda grande opera filosofica, il De coniecturis, a cui tuttavia Cusano continuerà a lavorare fino al 1444–144520.

Nel 1442, in occasione della Dieta di Francoforte, dove si schiera a favore del Papa, Cusano scrive una lettera importante sulla sua dottrina della chiesa, a Rodrigo Sánchez de Arévalo (1404–1470), ambasciatore di Castiglia e Leon. Sempre durante quest’anno, scrive i brevi trattati teologici De quaerendo deum e De filiatione dei. A partire dal 1445, nell’arco di circa un quindicennio, fino al 1459, Cusano si cimenta in vari scritti che trattano questioni e problemi di carattere strettamente geometrico–matematico. Nel 1445 scrive il De geometricis transmutationibus e il De arithmeticis complementibus21.

Tra il 1445 e il 1446 compone il De dato patris luminum e nel 1446 scrive un breve trattato di previsione escatologica, Coniectura de ultimis diebus, fondata sul calcolo degli anni della vita di Cristo e i dialoghi De annuntiatione e De genesi (1447). Il 20 dicembre 1448, dopo essere stato nominato arcidiacono di Brabante da Eugenio IV, viene nominato cardinale dal nuovo Papa Niccolò V e il il 3 gennaio 1449 riceve il titolo di San Pietro in Vincoli.

Nel 1449 Cusano è inviato come legato pontificio in Germania, dove scrive l’Apologia doctae ignorantiae, in cui il cardinale cerca di difendersi dalle false accuse di panteismo inflitte contro di lui da un teologo di Heidelberg, l’aristocratico Jean Wenck de Herrenberg (morte 1460), autore dell’opuscolo De ignota litteratura, nel quale Cusano viene apostrofato come pseudo–apostolo e pseudo–profeta. L’argomento portato a difesa da Cusano è lineare: è vero che tutte le cose sono in Dio, ma in Dio esse sono Dio stesso, ed è vero che Dio è in tutte le cose, ma anche nelle cose Dio non si riduce a qualcosa di particolare; Dio e le cose restano quindi distinti. L’impegno a favore della causa papale contro i conciliari di Basilea lo porta alla porpora cardinalizia.

Nel 1450, l’anno del Giubileo, Cusano si reca a Roma, riceve da Niccolò V il cappello cardinalizio, viene nominato Vescovo–Principe di Bressanone e legato pontificio per la Predicazione del Giubileo in Germania. Il 1450 è un anno molto proficuo dal punto di vita della produzione letteraria del cardinale. Durante quest’anno scrive un opuscolo matematico, il De quadratura circuli, e un’altra opera importante, inaugurando la forma letteraria del dialogo, vale a dire i tre libri De idiota: I e II. De sapientia; III. De mente; IV. De staticis experimentis. Tra il 1451 e il 1452 Cusano viaggia instancabilmente come legato apostolico insieme a una trentina di persone, percorrendo circa 4500 chilometri, per lo più a dorso di un mulo, e attraversando molte città dell’Austria, della Germania e dei Paesi Bassi, dove egli predica, senza risparmiare le proprie forze, e si impegna, senza successo, in una riforma della chiesa tedesca, che investiva tutti gli ambiti della vita della chiesa, dalla liturgia all’economia, dalla condotta morale del clero alla vita degli ordini monastici22. Nel 1452, rientrato nella sua diocesi a Bressanone, inizia un’intensa attività di risanamento economico della diocesi, rivendicando antichi diritti territoriali (feudi, castelli, miniere) che de facto erano stati espropriati dai reggenti del Tirolo e dalle famiglie nobiliari locali. Cerca di mettere in pratica i suoi principi di una riforma della vita ecclesiale, specie nel suo aspetto morale che vorrebbe esemplare: come scrive Edmond Vansteenberghe (1881–1943), Cusano voleva fare di Bressanone «una diocesi modello» per virtù e serietà posta al confine culturale tra la Germania e l’Italia»23, ma trova molte difficoltà e resistenze, arrivando a veri e propri scontri, come quello con le monache dell’abbazia di Sonnenburg, in Val Pusteria, e la loro badessa Verena von Stuben (nascita ca. 1410), la quale, appellandosi all’aiuto del Duca d’Austria Sigismondo (1427–1496) durante un’aspra disputa su alcune terre e alcuni diritti rivendicati dal vescovo, viene scomunicata da Cusano e costretta a lasciare il convento.

Nel 1453, sconvolto dalla notizia della conquista di Costantinopoli da parte dei musulmani guidati da Muhammad II (1432–1481), Cusano scrive il De pace fidei, un’opera nella quale immagina sotto forma di una visione un concilio celeste di tutti i rappresentanti delle diverse tradizioni religiose capace di porre fine alle guerre e di assicurare una pace perpetua della fede. Lo stesso anno, nonostante l’episodio della lotta con Sigismondo, Cusano riesce a scrivere il De visione dei e il Complementum theologicum. Tra il 1453 e il 1454 compone il De mathematicis complementis (la prima edizione, in un libro, viene compiuta a Bressanone nel settembre del 1453, la seconda edizione, che include due libri, è ultimata nel novembre 1454). Nel 1454, anno in cui molto probabilmente scrive il De una recti curvique mensura, Cusano è inviato, con lettere riservate, per trattare con gli Ussiti e per risolvere la disputa con i Cavalieri dell’Ordine Teutonico.

Nel 1457 si interessa sempre più ai problemi matematici e scrive il Dialogus de circuli quadratura. Dopo il lungo conflitto tra il cardinale e il duca del Tirolo e dopo alcuni tentativi di agguato, diverse minacce di morte e tentativi di avvelenamento, Cusano si convince della necessità di rifugiarsi nel castello di Andraz Buchenstein. Qui scrive il De caesarea circuli quadratura e il De beryllo, dove, metaforicamente, la pietra preziosa è concepita come una lente attraverso la quale è possibile vedere le verità invisibili.

Dopo gli anni travagliati di Bressanone, nel 1458, papa Pio II, legato a Cusano fin dai tempi del Concilio di Basilea, invita Cusano a tornare a Roma e lo nomina legatus urbis. Anche qui, come durante il viaggio in Germania, Cusano si distingue per sobrietà e stile di vita. Scrive il De mathematica perfectione (in due versioni), ritenuto dallo stesso autore il migliore di tutti i suoi scritti matematici. Nel 1459, in assenza del papa, tenta, come legatus urbis, di risolvere, senza grandi risultati, i conflitti tra famiglie nobili romane (Anguillara, Colonna, Savelli) e di realizzare, ancora una volta senza successo, una reformatio generalis della Chiesa: quest’ennesimo fallimento getta il cardinale nel più triste sconforto24.

In questo periodo di profonda delusione risale l’ultimo scritto matematico di Cusano, l’Aurea propositio in mathematicis, nonché una nuova e intensa lettura del Commentario di Proclo al Parmenide di Platone (il dialogo era stato integralmente tradotto in latino da Giorgio di Trebisonda (1395–ca. 1473) su commissione dello stesso Cusano nel 1459), che Cusano avena citato espressamente per la prima volta nel De beryllo. A questa lettura del Commentario al Parmenide è ispirato il sermone De principio, nel quale Cusano riporta quasi letteralmente passi dell’opera di Proclo. Nello stesso anno scrive anche il De aequalitate.

Sempre tra il 1459 e il 1460 Pietro Balbi di Pisa (1399–1479) traduce per Cusano il Didaskalikos di Albino/Alcino (II secolo d.C.) e la Teologia platonica di Proclo, l’opera che più di vent’anni prima Cusano aveva portato con sé da Costantinopoli e della quale Cusano può ora disporre di una traduzione completa. Le nuove letture che Cusano compie in questi anni svolgono un ruolo significativo nelle sue ultime opere, nelle quali il cardinale torna a riflettere sul rapporto tra Dio e mondo, in particolare sul rapporto tra esse e posse nell’Assoluto, un tema che verrà elaborato nel De possest, (1460), e approfondito successivamente nel Compendium (1463–1464) e nel De apice theoriae (1464). Sempre in questi anni Cusano cerca nuove formule per concepire il principio divino, come quella del non aliud, che dà il titolo al grande scritto che Cusano compone a Roma tra il 1461 e 1462.

Nel 1460, senza mai risparmiarsi, si impegna (raccogliendo tuttavia ancora delusioni e amarezze) nel contenzioso con il Duca del Tirolo e prevede anche una riforma della Curia e del governo della Chiesa. Dopo un’apparente riconciliazione con il Duca del Tirolo a Bressanone, Cusano è obbligato a rifugiarsi nell’Italia centrale. Nel 1461 scrive il De cribratione Alkorani dove confronta il cristianesimo con la religione musulmana.

Oltre ai testi di Platone, l’interesse di Cusano negli ultimi anni della sua vita è rivolto ad Aristotele, come emerge già a partire del De beryllo. In verità, già prima di arrivare a Roma, Cusano si era procurato due importanti traduzioni, quella dell’Etica nicomachea di Leonardo Bruni (1370–1444) (cod. Cus. 179) e quella della Metafisica di Bessarione (cod. Cus. 184). Aveva inoltre a disposizione la traduzione del De vitis philosophorum di Diogene Laerzio (ca. 180–ca. 240), ed è proprio da questa lettura che nasce il De venatione sapientiae, scritto a Orvieto tra il 1462 e il 1463. Qui Cusano si trova per trascorrere alcuni mesi di cura dopo che l’anno precedente si era gravemente ammalato, molto probabilmente di una malattia intestinale che gli provocava dolori lancinanti. Sempre a Orvieto prepara l’edizione di tutte le sue opere mentre il progetto di riforma della chiesa esposto nella Reformatio generalis, elaborato negli anni precedenti, naufraga definitivamente, restando inattuato.

Nel 1463 scrive il De ludo globi. Durante il suo viaggio da Roma ad Ancona, dove cerca di raccogliere truppe per la crociata lanciata da Pio II per contrastare la minaccia turca, Cusano muore a Todi, nel palazzo episcopale, in agosto, tre giorni prima di Pio II e poco prima della capitolazione di Sigismondo d’Austria. Il suo corpo è sepolto a Roma, nella chiesa di San Pietro in Vincoli, dove si trova ancora il suo monumento funerario. Il suo cuore, invece, così come aveva disposto, è sepolto a Kues nella cappella del Cusanusstift che Cusano aveva fondato (come parte di un lascito) nel 1458. Si trattava di un ospedale di carità, per 33 persone (in memoria degli anni di Cristo), di cui 6 nobili, 6 sacerdoti e 21 persone comuni.

Nel Cusanusstift vi è tutt’oggi una delle più ricche biblioteche europee, la Biblioteca dell’Ospedale di San Nicola a Bernkastel–Kues, punto di riferimento degli studi cusaniani, dove sono custodite tutte le opere di Cusano e altri 1841 manoscritti (tra cui 132 incunaboli, 153 titoli del XVI secolo, 323 del XVII, 550 dei XVIII e 683 del XIX), divisi in argomenti, che spaziano dalla teologia pastorale alla psicologia, dalla letteratura mistica alla cosmologia)25.

Note a piè pagina

Baldi 2007, 257. Il riferimento è a Schedel 1493, 252.

Per una dettagliata disamina del contesto storico–culturale della riflessione e della produzione letteraria cusaniana, cfr. Peroli 2017, IX–LX; Senger 1972.

Nel De uniformitate et difformitate intensionum (ca. 1350), Oresme espone la più nota prova geometrica del teorema della velocità media, «forse il più straordinario contributo del Medioevo alla storia della fisica matematica» (Grant 2001, 153). Qui si trova infatti la rappresentazione grafica delle variazioni della velocità del moto o dell’intensità di una qualità con linee verticali poste su una retta orizzontale a distanze che corrispondono a intervalli temporali determinati. Questo procedimento avrà larga diffusione dal XIV al XVI secolo in tutta Europa (è possibile che lo stesso Galilei ne sia venuto a conoscenza), contribuendo a preparare gli schemi matematici della fisica moderna (cfr. Grant 2001, 156). Sia questa sia l’altra opera di Oresme, il De latitudinibus formarum, saranno ampiamente commentate da Pelacani (cfr. Amodeo 1909, 111–137). Come precursore di Oresme viene considerato il Doctor mirabilis, Roger Bacon (ca. 1214–1294), autore del De graduatione medicinarum compositarum, in cui si parla espressamente di una linea intensionis et remissionis. Clagett dubita che l’autore del testo sia Roger Bacon, ritenendolo invece opera di un pensatore dell’inizio del XIV secolo (cfr. Clagett 1968, nota 15, 57). Sul rapporto tra Cusano e Oresme, cfr. Hofmann e Hofmann 1980, nota 6, 234.

Nel Tractatus de proportionibus velocitatum in motibus (1328), Bradwardine cerca di dare una soluzione matematica al problema di come correlare la variazione di velocità di un mobile con la variazione delle cause (come forze e resistenze) che determinano le velocità; giunge così ad affermare l’esistenza di una relazione matematica fra velocità, forza e resistenza, mantenendosi in accordo col postulato aristotelico secondo il quale il movimento si verifica quando la forza motrice supera la resistenza. Oltre al De velocitate motuum, scrive il Tractatus de continuo in cui si oppone alla concezione atomistica del continuo come composto di indivisibili. Sul tema, cfr. Bradwardine 1328, 64–140; Murdoch 1987, 103–137. Le opere di carattere più strettamente matematico (De arithmetica practica, De geometria speculativa, De quadratura circuli) mostrano l’influenza di Boezio, Aristotele, Euclide e Campano e ispireranno, sotto vari aspetti, la concezione cusaniana della matematica.

Non bisogna dimenticare che a Padova, infatti, è ancora molto presente l’insegnamento di Pietro d’Abano (ca. 1250–ca. 1315) e di Marsilio da Padova (ca. 1275–ca. 1342).

Sui rapporti tra Cusano ed Eimerico, cfr. Colomer 1964, 198–213; Imbach 2011, 567–570.

Sull’albertinismo a Colonia, cfr. Meerseeman 1935; Haubst 1952b, 420–447; Hoenen 1995, 303–331.

Come ha mostrato Rudolph Haubst, Cusano inizia a copiare alcuni estratti del Liber contemplationis di Lullo a Parigi nel marzo 1428 (Haubst 1980, 198–205). Gli estratti sono contenuti nel cod. Cus. 83 (foll. 51r–60v). Su questi ultimi, cfr. Pindl-Büchel 1990a; Lohr 1983, 373–384; Pindl-Büchel 1992. Dall’inventario dei manoscritti della biblioteca di Bernkastel–Kues (cfr. Stork 2010, 67–95) sappiamo che Cusano ebbe tra le mani almeno 68 scritti di Lullo (per le opere di Lullo possedute da Cusano, cfr. Reinhardt 2005, 1–23). Sull’influsso esercitato da Lullo su Cusano in generale, cfr. Platzeck 1953, 357–364; Platzeck 1964, 145–163; Pindl-Büchel 1990b, 73–87. Cusano aveva una copia del De Sigillo aeternitatis (cod. Cus, 106, ss. 77r–85r.). Il cod. Bruxellensis (Br) 11479,84, che contiene il De complementis mathematicis di Cusano, copiato dal suo segretario Pierre Peter Wymar von Erkelenz (1430–1494) e corretto dallo stesso Cusano, secondo una nota del diciottesimo secolo sarebbe appartenuto proprio a Heymericus de Campo. Ruedi Imbach sottolinea che questi, nel suo Centheologicum, stabilisce una relazione tra il suo approccio (matematico simbolico) e quello di Cusano. Afferma, riassumendo la teologia geometrica di Cusano: «Sit huic maxima coniecturas humanas veritatis mathematice certitudo - iuxta testimonium Philosophi dicentis quod hoc est in primo gradu certitudinis, cum versatur circa formas a potentia contradictionis absoluta» (Imbach 1995, 301). Cfr. anche Imbach 1983, 466–477; Vescovini 2016, 12. Sull’influenza di Lullo sull’idea cusaniana di circolarità tra matematica e teologia, cfr. De Felice 2015, 49–74, spec. 59–62; Felix 2014.

Sui rapporti di Cusano con gli umanisti italiani, cfr. Garin 1962, 75–100, spec. 82 e 88; Flasch 2002, 175–193.

Non è questa la sede per approfondire i motivi che possono aver spinto Cusano ad abbandonare il partito conciliare e a schierarsi a favore del papa. È un tema molto discusso tra gli studiosi, di cui si dà ampia letteratura nell’introduzione di Peroli 2017, XXIX–XXX; Christianson 2004, 91–103; McDermott 1998, 254–273; Christianson e Izbicki 1996.

La questione relativa alla genesi di queste due opere, tra loro molto diverse per contenuto e linguaggio, è un tema molto dibattuto nell’ambito della ricerca cusaniana. Per approfondimenti, cfr. Peroli 2017, XXVI–XXVII. Cfr. anche Counet 2014, 11–28.

A tal proposito si legga lo sfogo che Cusano fece a Pio II in una lettera riportata dalla stesso papa nei suoi Commentarii (VII 9, ed. Bellus–Boronkai, I, p. 351): «nulla mi piace di quanto accade in questa curia. Tutto è corrotto. Nessuno compie il suo dovere; né tu, né i cardinali vi curate della Chiesa. Chi mai osserva le prescrizioni canoniche? Chi rispetta le leggi? Dov’è lo zelo per la liturgia? Tutti sono interessati solo alla carriera e ad accumulare ricchezze. Vengio irriso se nel concistoro parlo di riforma. Qui io sono superfluo. Permettimi di andarmene! Io non posso sopportare questo genere di vita. Sono vecchio e ho bisogno di quiete. Voglio ritirarmi in solitudine e se non posso vivere per il bene comune, allora voglio vivere per me». Il testo è riportato da Flasch 2008, 621.

La collezione dei manoscritti è pubblicata in un catalogo stampato (cfr. Marx 1905) e microfilmato per fini scientifici. Le copie del film sono disponibili presso l’Institut für Cusanus–Forschung a Trier. Per una descrizione della biblioteca di Cusano, cfr. Watanabe 2011, 363–370. Tra i molti studi che sono stati dedicati alla biblioteca di Kues e ai manoscritti cusaniani, cfr. Bianca 1993, 1–11; Bianca 1983, 669–708; Bianca 2002, 25–36; Heinz-Mohr e Eckert 1963, Kramer 1980, 182–197; cfr. Stork 2010, 67–95.